Simulazione della malattia: LICENZIATO

Per simulazione di malattia del dipendente, in ambito lavorativo, si intende il comportamento di un lavoratore che adducendo di essere ammalato simula la malattia per rimanere assente dal proprio lavoro. La simulazione di malattia, con il preciso scopo di stare assenti dal proprio abituale lavoro per svolgere attività ludico ricreative o altro lavoro, viene considerato un caso di inosservanza dei doveri fondamentali insiti nel rapporto di lavoro, tra cui quelli di fedeltà (Cass. 12.4.1985, n. 2434), di diligenza nell’esecuzione delle proprie obbligazioni (Cass. 2.11.1995, n. 11355), e, in generale, dei principi di buona fede e correttezza vigenti in materia contrattuale (Cass. 6.10.2005, n. 19414, in Orient. Giur. Lav., 2005, 835).

Nel caso in cui venga accertato che il lavoratore dipendente è assente dal posto di lavoro per una malattia simulata, cioè per fraudolenta simulazione di malattia, il datore di lavoro può licenziare per giusta causa. Si è in presenza, infatti, di un inadempimento del lavoratore talmente grave da non consentire anche in via provvisoria la prosecuzione del rapporto di lavoro.

La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 28 ottobre 2021, n. 30547, in tema di licenziamento per giusta causa, ha ritenuto che la disposizione di cui all’articolo 5, L. 300/1970, che vieta al datore di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente o lo autorizza a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli Istituti previdenziali competenti, non preclude al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l’assenza: ne consegue che deve essere cassata con rinvio la sentenza d’appello per avere dichiarato inutilizzabili gli accertamenti svolti al riguardo per il tramite di agenzia investigativa.

Quali STRUMENTI ha il datore di lavoro per verificare la sussistenza del reale stato di malattia del dipendente?

  1. VISITA FISCALE: gli accertamenti sanitari da parte del medico fiscale possono essere disposti, entro le fasce di reperibilità, sette giorni su sette compresa la domenica ed i festivi. Il datore di lavoro può chiedere gli accertamenti medici sul lavoratore, con spese a sua carico (€41,67 nei giorni feriali – € 52,82 nei festivi), al fine di verificare lo stato di malattia. Nel caso in cui il lavoratore non fosse reperibile, al momento della visita fiscale, ha dieci giorni di tempo per giustificare la propria assenza, con l’ovvia conseguenza che potrà addurre scuse plausibili per giustificare la non reperibilità.
  2. INVESTIGATORE PRIVATO: l’investigatore privato può effettuare un’indagine investigativa sul dipendente in malattia, fornendo prove oggettive tramite filmati e fotografie sul reale stato di salute del lavoratore. Questa tipologia di attività non si limita all’osservazione nelle fasce di reperibilità ma, nei più dei casi, di intere giornate così da rilevare eventuali comportamenti illeciti del lavoratore. L’evidenza di quanto sopra è stata più volte confermata dalla Corte di Cassazione, che ha stabilito l’assoluta validità e liceità dell’investigatore privato e confermato il licenziamento per giusta causa del lavoratore in base alle risultanze dell’attività svolta dagli 007 «gli accertamenti di carattere sanitario possono essere contestati anche valorizzando ogni circostanza di fatto – pur non risultante da un accertamento sanitario – atta a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza» (Cassazione Sezione Lavoro n. 17113 del 16 agosto 2016, Pres. Di Cerbo, Rel. Amendola).

 
 
Quali sono, dunque, le attività sanzionabili nei confronti del lavoratore, secondo le risultanze dell’investigatore privato?

  1. Le attività lavorative o ricreative che possano pregiudicare la pronta guarigione: l’osservazione diretta dell’indagato risulta fondamentale, poiché può consentire di evidenziare attività non consone allo stato di malattia certificato. La Cassazione, a tal proposito, si è già pronunciata in relazione al caso in cui, di fatto, la ricerca degli elementi utili a verificare l’attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore era stata compiuta da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro. L’investigatore privato non deve sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, restando giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (v. Cass. n. 3590 del 2011).
  2. L’assenza durante le fasce di reperibilità: anche in questo caso l’osservazione diretta risulta decisiva, per attestare la presenza o meno dell’indagato nel domicilio dichiarato in sede di visita medica. La Corte di cassazione, nella sentenza del 2 dicembre 2016 n. 24681, ha stabilito che la reperibilità nel domicilio durante le ore prestabilite della giornata “… è, ad un tempo, un onere all’interno del rapporto assicurativo ed un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, ma il cui contenuto resta, in ogni caso, la “reperibilità” in sé; con la conseguenza che l’irrogazione della sanzione può essere evitata soltanto con la prova, il cui onere grava sul lavoratore, di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto e non anche con quella della effettività della malattia…”.

 
 
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Dott. Enrico Barisone

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