Infortunio simulato sul lavoro: quando scatta il licenziamento.


Cosa succede se il lavoratore simula un infortunio?
Quali sono le conseguenze e quale tipo di licenziamento viene adottato?


Il lavoratore che venga colpito da una malattia o da un infortunio sul lavoro ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, compiutamente regolato dalle normative del nostro ordinamento. 
Il datore non può quindi procedere ad un licenziamento per il solo fatto della sopraggiunta malattia o dell’infortunio del dipendente, ma potrà comunque farlo una volta decorsi termini precisi stabiliti dalla legge (art. 2110, comma 2 C.C.).
 
La simulazione di infortunio sul lavoro
Il dipendente può simulare una patologia o una condizione fisiologica per non recarsi al lavoro e attuare una condotta assenteista garantendosi la conservazione del posto del lavoro. 
Per farlo deve presentare una certificazione falsa, solitamente rilasciata da un medico connivente. Lo stato di falsa malattia può essere di due tipologie: il dipendente può essere sano ma millantare una malattia oppure essere realmente malato o infortunato, ma presentare un falso certificato medico che attesti una prognosi superiore a quella reale. 
La condotta scorretta espone il dipendente a sanzioni di diversa entità che possono arrivare fino al licenziamento per giusta causa e il medico connivente a un procedimento per falsa dichiarazione di fronte al proprio Ordine professionale. 

L’onere della prova: licenziamento sì ma solo se dimostrato
Il datore di lavoro non può basarsi soltanto sul sospetto che dietro lo stato di malattia accampato dal dipendente ci sia una condotta fraudolenta, ma deve dimostrarlo. L’onere della prova in merito alla fondatezza dei motivi posti alla base di un licenziamento per giusta causa grava sul datore di lavoro. 
Questo ha stabilito la Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 4 settembre 2021 n. 21629. Secondo i giudici, infatti, spetta al datore di lavoro “dimostrare che l’infortunio, affermato dal lavoratore subordinato, in realtà non si è mai verificato, se si vuole porre ciò alla base di un licenziamento per giusta causa”. 
Per poter essere legittimato al licenziamento per giusta causa, il datore dovrà oltretutto produrre la dimostrazione di un fatto positivo che sia incompatibile con lo stato di infortunio. 
Il licenziamento avviene per giusta causa in quanto la condotta fraudolenta del dipendente lede irreparabilmente il vincolo fiduciario implicito nel contratto di lavoro subordinato.

La dimostrazione del falso infortunio
Come abbiamo visto spetta al datore di lavoro dimostrare che il dipendente sta attuando una condotta assenteista simulando un infortunio o malattia ma come può fare per acquisire le prove necessarie a sostenere il provvedimento di licenziamento?
Il datore può rivolgersi ad un’agenzia investigativa per sottoporre il proprio dipendente a osservazione mediante pedinamento o appostamento, finalizzata ad acquisire materiale video-fotografico utile a ricostruire i comportamenti del dipendente infortunato. Questo consente di dimostrare che il lavoratore svolge attività incompatibili con la patologia derivante dall’infortunio – ad esempio un altro lavoro – o incompatibili con la sua condizione, quali attività sportive che non siano finalizzate al recupero funzionale o attività ricreative nell’orario di lavoro. 
In questo caso il datore di lavoro è pienamente legittimato a far attenzionare dall’investigatore privato il proprio dipendente perché l’osservazione non è finalizzata all’accertamento dello svolgimento della mansione lavorativa, ipotesi nella quale il datore incorrerebbe nella violazione delle norme dello Statuto dei Lavoratori. 
La relazione stilata dagli investigatori potrà costituire elemento di prova qualora si aprisse un procedimento giudiziario – e nei casi di licenziamento per giusta causa è scontato che avvenga – ma il tutto è rimesso all’apprezzamento del giudice che valuterà in particolare la congruità della sanzione disciplinare del licenziamento con l’entità della condotta del dipendente. 

 


Quadro normativo

  • Cass. sent. 48264/2014
  • Cass. sent.10955/2015 
  • Cass. sent. 10636/2017
  • Cass. sent. 21629/2021


Dott. Enrico Barisone